martedì 23 dicembre 2008

Rapsodia Sarda

Nel mare dei mari c'è un'isola antica

Terra di gente generosa e amica.

Fuoco sui monti.

Squillano le trombe.


Fortza Paris Sardegna!


Nè Carlo Terzo nè Filippo Quinto.

Quest'Isola non è d'un re che ha vinto.

Scendiamo in campo.

Rullano i tamburi.


Fortza Paris Sardegna!


Noi cancelliamo con le nostre spade

di feudatari e re le leggi ladre.

Bandiere al vento.

Corriamo all'assalto.


Fortza Paris Sardegna!



Frantziscu Zedda

imprenta de f. zedda

venerdì 19 dicembre 2008

Su Patriotu Sardu a sos feuderatarius

dae Frantziscu Ignatziu Mannu
tradutzioni dae su Sardu subcmarcos
...............

Cercate di moderare, baroni, la tirannia, chè se no, per la mia vita!, tornate a piedi a terra! Dichiarata è già la guerra contro la prepotenza, e comincia la pazienza nel popolo a venir meno.

Badate che si sta levando contro di voi l'incendio; badate che non è un gioco, che la cosa diventa realtà; badate che l'aria minaccia temporale; gente mal consigliata, ascoltate la mia voce.

Non ficcate più a fondo lo sprone al povero ronzino, se no a mezza strada s'inalbera imbizzarrito; guardate ch'è magro e sposato, e non ne può più; alla fine a fondo in su getterà il cavaliere.

Il popolo che in profondo letargo era sepolto, finalmente svegliatosi s’accorge ch’è in catena, che sta soffrendo la conseguenza della sua antica indolenza; feudo, legge nemica a buona filosofia.

Come fosse una vigna, una tanca, un campiello, i villaggi han regalato gratis o vendendoli a poco prezzo; come un gregge di pecore uomini e donne hanno venduto con i figli.

Per poche migliaia di lire, e certe volte per niente, schiave eternamente tante popolazioni, e migliaia di persone servono a un tiranno. Povero genere umano, povera razza sarda!

Dieci o dodici famiglie si son divisa la Sardegna, in una maniera indegna se ne son fatte padrone; diviso hanno i villaggi fin dalla cieca antichità: però l’età presente pensa di porvi rimedio.

Nasce il Sardo soggetto a mille comandamenti: tributi e tasse che versa al Signore in bestiame e grano in denaro e in natura,; e paga per il pascolo e paga per arare.

Molto prima dei feudi esistevano i villaggi, ed eran loro padroni di boschi e campi. Come mai a voi, Baroni, la roba d’altri è passata? Colui che ve l’ha data non ve la poteva dare.

Non è mai pensabile che volontariamente abbia quella povera gente ceduto un tale diritto: il titolo stesso, ergo, è illegittimo della infeudazione, e i villaggi ragione hanno di impugnarlo.

I tributi, da principio, li esigevate in misura limitata, ma poi sono andati ogni giorno aumentando, ma man che crescendo siete andati in fasto, a misura che nella spesa abbandonavate ogni economia.

Non vi serve allegare l’antichità del possesso; con minacce di carcere, con castighi e con pene, con ceppi e con catene, i poveri ignoranti diritti esorbitanti avete costretti a pagare.

Almeno si usassero per mantenere la giustizia, castigando la cattiveria dei cattivi del luogo: almeno sollievo i buoni avrebbero potuto avere, sarebbero potuti andare e tornare sicuri per la strada.

E' quello l'unico fine di ogni tassa e diritto, che sicuri e tranquilli, sotto la legge si viva: ma di questo fine ci priva il Barone per avarizia, solo nelle spese di giustizia fa economia.

Il primo che si presenta, si nomina ufficiale di giustizia, faccia bene o faccia male, basta che non chieda salario; procuratore o notaio, o cameriere o lacchè, sia bianco o sia nero, va bene per governare.

Basta che si dia da fare per far crescere la rendita, basta che faccia contenta la borsa del Signore; che aiuti il fattore a riscuotere in fretta, e se qualcuno è renitente che lo sappia pignorare.

A volte, come fosse podatario, governa il cappellano, i villaggi con una mano e con l'altra la dispensa: O Feudatario! Pensa che i vassalli non ce li hai solo per accrescere le tue ricchezze, solo per scorticarli.

Il patrimonio, la vita, per difenderli il villano, con le armi in pugno deve stare notte e giorno; dato che è così, perché tanti tributi? Se non si deve avere un frutto è pazzia pagarli.

Se il Barone non fa il suo dovere, vassallo, da parte tua, a nulla sei obbligato; i diritti che ti ha estorto in tanti anni passati, sono soldi rubati e te li deve restituire.

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sabato 13 dicembre 2008

domenica 7 dicembre 2008

Jean-Baptiste Du Bos, o Dubos (Beauvais, 1670 – Parigi, 23 marzo 1742), è stato un filosofo e storico francese.

Importante studioso della storia e della critica delle arti e della poesia, ha dato importanti contributi alla filosofia estetica tra il XVII e il XVIII secolo. Tra i suoi scritti sono notevoli le Réflexions critiques sur la poésie et la peinture. In esse, pubblicate nel 1719, si teorizza che il sentimento è alla base della produzione della bellezza nell'arte e nella poesia, senza dar troppa importanza alle regole e agli schemi accademici. Si tratta di una completamente nuova visione di ciò che è bello, che tiene conto di ciò che ogni persona in generale cerca e trova nell'opera d'arte o letteraria. Il sentimento, per lui diventato il motore primario dell'estetica, ha nelle Réflexions la sua legittimazione definitiva, diventando così una base per l'estetica dell'Illuminismo.
Il razionalismo freddo e schematico in arte e letteratura è rifiutato da Du Bos, che rigetta i formalismi dogmatici. Questo perché della bellezza non si può dare alcuna definizione rigida, né si può fissare alcun schematismo canonico. Soltanto la sensibilità dell'individuo che apprezza la bellezza perché la capisce e si sintonizza con essa, permette di accedere alla sfera del bello in termini estetici.
Du Bos scrive nelle Réflexions:
« In pittura il fine principale è di produrre emozione. Se c'è emozione vuol dire che c'è eccellenza. E' la stessa ragione per cui un'opera che non emoziona e non fa presa sui sentimenti non ha alcun valore. Ciò significa che non sono le regole a produrre il bello e che un'opera può essere brutta senza tradire le regole, mentre un'opera piena di trasgressioni alle regole può essere eccellente. »

venerdì 5 dicembre 2008

domenica 30 novembre 2008

Arkeo sperimentale nuragica

Il laboratorio Piras vanta anni di ricerca e studio necessari per la realizzazione di figure bronzee di periodo nuragico, che prevedono, oltre le conoscenze chimico/fisiche dei materiali e delle tecniche di fusione, una grande capacità interpretativa, dal punto di vista artistico e artigianale; amalgamando questi requisiti indispensabili, che derivano dalla tradizione millenaria tramandata di padre in figlio, è possibile riprodurre i bronzetti, che rispettano canoni precisi e seguono minuziosi filoni stilistici.

La ricerca, che ha visto la partecipazione di studiosi e archeologi, ha restituito dati e confronti applicati precisamente per il proporzionamento e la riproduzione fedele delli stessi, ottenuta con i procedimenti e le conoscenze di un tempo.


Questa sperimentazione è di grandissima importanza in quanto consente di avvicinarsi il più possibile alle conoscenze e al pensiero artistico/religioso del periodo, apportando alla scienza un sostanziale contributo dal punto di vista della tecnologia e delle maestranze del periodo in esame , mettendo, inoltre, in evidenza strumenti e utensilerie dell'ambito quotidiano.

I bronzi inoltre hanno consentito la realizzazione di armi, utensilerie e indumenti, in base alla rappresentazione degli stessi, arricchendo maggiormente la consapevolezza che non si trattasse di un popolo primitivo o barbaro, ma, al contrario, di una società composta da diverse maestranze e gerarchie unite per l'interesse comune, delle quali, tecnologie e esperienze erano condivise in tutta la Sardegna.

Questa precisione nella riproduzione fà sì che i manufatti proposti dal laboratorio Piras siano i migliori per quanto riguarda la musealizzazione aggiungendo un significativo apporto didattico e visivo con gli occhi del passato.

Avere i reperti come nuovi ha permesso inoltre di invalidare vecchie teorie e di rafforzarne altre, in quanto la sperimentazione è, e deve essere, lo strumento essenziale per la collocazione cronologica dei reperti, o per un ricollocamento temporale delle conoscenze.

Lo scopo primo del laboratorio Piras è quello di ridare "lucentezza" al periodo nuragico, sia visivamente che storicamente, potrete infatti trovare decine di riproduzioni fedeli di bronzi nuragici , di utensili e armi.
Incoraggiamo i lettori a visitare il sito sotto linkato e vedere che estetica perfetta legata al nuragico si esplichi dall'arte di questi artisti sardi

mercoledì 19 novembre 2008

Geometria Sacra


Questa pagina è dedicata allo studio basilare della Geometria Sacra. L'obiettivo di queste informazioni è di dare a tutti coloro interessati alla natura dell'universo di avere uno spunto in più per aumentare la propria consapevolezza. Qualcuno potrebbe obbiettare che quanto qui proposto è un lavoro molto mentale e poco introspettivo. Un tempo la pensavo anch'io così, fino a quando mi sono reso conto dell'importanza di nutrire entrambi gli emisferi celebrali, creando equilibrio tra di loro. La Geometria Sacra, come molti altri argomenti di questo sito si propongone questo obiettivo. Auguro ora a tutti quanti una buona lettura all'interno della natura più nascosta dell'Universo.
La Geometria Sacra è la struttura morfogenica che sta dietro la realtà stessa, ed è alla base delle leggi matematiche. Molti scienziati sono convinti che la matematica sia il mezzo con cui spiegare la realtà, ma il vero salto sarà fatto quando sposteranno a loro attenzione sulla forma, unica generatrice delle leggi fisiche.Si può tranquillamente definire la Geometria Sacra l'emblema della realtà del cosmo. A volte viene chiamata linguaggio della luce o linguaggio del silenzio, questo è molto significativo, in quanto la GS è a tutti gli effetti un linguaggio, è l'idioma attraverso il quale viene creata ogni cosa. E' recente la scoperta scientifica, che ha dimostrato che il nostro cervello trasforma tutte le informazioni in entrata in immagini, prima di trasformarle in pensieri, parole e concetti, lo sesso avviene in uscita. E' pertanto dimostrato che il cervello umano funziona per archetipi. Chi ha un minimo di conoscenza di simbologie esoteriche, ha già ben presente che un'immagine, quasi sempre geometrica, nasconde un significato a volte anche molto complesso. Nel simbolo sono spesso racchiusi diversi concetti contemporaneamente, è praticamente un codice, non a caso il fenomeno dei cerchi nel grano, è un'insieme di forme geometriche che racchiudono una enorme fonte di informazioni. La cosa stupefacente della GS e della simbologia è di trasferire delle conoscenze e delle informazioni a livello subliminale. Come potete immaginare avere una minima infarinatura di GS è estremamente importante per i ricercatori spirituali. Iniziamo ora con il vedere alcune delle immagini fondamentali della Geometri Sacra.
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domenica 16 novembre 2008

Sugli stati d'animo

Immaginatemi seduto a casa mia la sera del primo giorno di Pasqua, avvolto in una veste da camera; fuori cade una pioggerella sottile; nella camera non c'è nessun altro. Io fisso a lungo il foglio di carta bianca che mi sta davanti, con la penna in mano, stizzito per la confusa quantità di argomenti, fatti e pensieri che reclaman tutti d'essere messi per iscritto; e molti lo fanno con parecchia veemenza, perché sono ancora giovani e spumeggianti come il mosto; ma a ciò si ribella qualche vecchio pensiero maturo e decantato, come un vecchio signore che misura con occhio ambiguo il gran daffare della gente giovane. Diciamolo apertamente, la nostra disposizione di spirito è condizionata dal contrasto tra quei due mondi, il giovane e il maturo, e noi diamo allo stato momentaneo del conflitto il nome di stato d'animo o quello lievemente spregiativo di umore.
Da buon diplomatico, io mi levo un poco al di sopra dei partiti discordi e descrivo le condizioni dello Stato con l'imparzialità di un uomo che giorno per giorno assiste per errore a tutte le sedute dei partiti e applica nella pratica quello stesso principio che deride e contrasta dalla tribuna.
Confessiamolo, io scrivo sugli stati d'animo perché in questo momento sono così disposto; ed è una fortuna che sia disposto a descrivere proprio le disposizioni.
Oggi ho suonato a lungo le Consolations di Liszt, e avverto chiaramente come le note mi siano penetrate nell'animo, e ora vi risuonino spiritualizzate. Ho fatto di recente un'esperienza dolorosa, quella di un addio o non-addio, e ora noto come questo sentimento e quelle note si siano fusi, e credo che la musica non mi sarebbe piaciuta se non avessi fatto quell'esperienza. Il simile cerca dunque di attirare l'anima a sé, e la massa preesistente di sensazioni spreme come un limone i nuovi avvenimenti che colpiscono il cuore, ma sempre in modo tale che solo una parte del nuovo si unisca all'antico, e che ne rimanga un residuo che non trova elementi affini della dimora dell'anima e perciò vi prende stanza da solo, molto spesso con malumore dei vecchi inquilini, con i quali viene sovente a diverbio per questo motivo. Ma guarda! Ecco che viene un amico, un libro si apre, passa una ragazza, senti! Risuona una musica! - Già da ogni parte tornano ad affluire nuovi ospiti nella casa aperta a tutti, e colui che fino a poco fa se ne stava da solo trova molti nobili parenti.
(Federico Nietzsche - La mia vita - SCRITTI AUTOBIOGRAFICI 1856- 1869
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sabato 15 novembre 2008

IL COLORE DELL'ESISTENZA

Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, danno colore e sapore all'esistenza, anche se, in una civiltà come quella occidentale impostata sul primato della ragione, spesso sono considerate con sospetto e timore. Del resto non potrebbe essere altrimenti: infatti se la ragione promette all'uomo il dominio su se stesso e le cose, le emozioni spesso producono turbamento e conflitto, non sono mai totalmente controllabili e a volte ci trascinano a dire o fare cose di cui, una volta cessato l'impeto emotivo, ci si pente. Eppure, sono le emozioni che ci fanno gustare la vita ed è proprio dalle emozioni, piccole o grandi che siano, che l'individuo spera di ricavare nuovi stimoli che muovano le sue giornate. Del resto come si potrebbe dire di vivere appieno se non si sperimentassero mai la gioia, il tremito dello smarrimento o della paura, l'impeto della passione, l'abbandono alla nostalgia, il peso e la disperazione provocate dalla sofferenza? Tuttavia, seppur ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità .
FELICITA': alcune definizioni
Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l'aspetto cognitivo e riflessivo , come il considerarsi soddisfatti della propria vita. La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento a volte come gioia, piacere, divertimento.
Secondo Argyle (1987), il maggiore studioso di questa emozione, la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l'autorealizzazione e la salute.
La felicità è anche legata al numero e all'intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta e, in ultimo, come evento o processo emotivo improvviso e piuttosto intenso è meglio designata come gioia . In questo caso è definibile come l'emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio e in essa, accanto all'esperienza del piacere, compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione (D'Urso e Trentin , 1992).
Cosa succede quando siamo felici?
Tutti noi, in misura più o meno accentuata, proviamo emozioni, in un certo senso le agiamo a livello di comportamenti più o meno visibili e consapevoli, le condividiamo con gli altri parlando o scrivendo di esse, alcuni riescono perfino ad immortalarle nelle opere d'arte. Ma cosa succede dentro e fuori di noi quando siamo felici?
Alcuni autori (Maslow , 1968; Privette , 1983) riportano che le sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che si trovano in una condizione di felicità o di gioia sono quelle di sentire con maggiore intensità le sensazioni corporee positive e con minore intensità la fatica fisica, di sperimentare uno stato di attenzione focalizzata e concentrata, di sentirsi maggiormente consapevoli delle proprie capacità.
Spesso le persone felici si sentono più libere e spontanee , riferiscono una sensazione di benessere in relazione a se stesse e alle persone vicine e infine descrivono il mondo circostante in termini più significativi e colorati.
Inoltre le persone che provano emozioni positive, quali ad esempio gioia e felicità, a livello fisiologico presentano un'attivazione generale dell'organismo che si manifesta con un'accelerazione della frequenza cardiaca, un aumento del tono muscolare e della conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della respirazione.
In ultimo chi è felice sorride spesso . In effetti il sorriso, sovente accompagnato da uno sguardo luminoso e aperto, è la manifestazione comportamentale più rappresentativa, inconfondibile e universalmente riconosciuta della felicità e della gioia.

domenica 9 novembre 2008

Sei aforismi


(da "Variazioni Goldberg 1995-1996")
I
Io mi son un che quando nota annotae se denota senza prenotarepure riesce talvolta a connotare.
II
Se denotare non e' connotaremeno ancora annotare e' prenotare.Limitiamoci, uomini, a notare.
III
Spesso ho notato che chi troppo annotapoi non denota e meno ancor connota.Allora molto meglio prenotarsie basta.
IV
Che m'annotiate e' inutile. Gli stessimiei connotati vi sono stranoti:denotano fra l'altro che anch'io vennida sempre prenotato.
V
Prenotarsi denota l'ambizionead essere notato, connotarsila repulsione ad essere annotato.
VI
Ho notato che, se uno si prenotaper tempo, cio' denota precauzionee tutt'insieme connota un ch'annota.

Filosofia dei sensi. Estetica del pensiero tra filosofia, arte e letteratura

Silvana Borutti
1. Il libro indaga la questione della relazione tra pensiero e sensibilità assumendo l’ipotesi che in realtà sia possibile partire da un luogo comune a entrambi: l’immaginazione. La prima parte dell’opera offre un percorso teorico che circoscrive la questione del senso come voce media tra la passività della rivelazione di ciò che esiste e l’attività della sua configurazione. Nella seconda parte sono poi condotte delle indagini su alcune esperienze artistiche e letterarie decisive per illustrare le tesi esposte nel saggio: tra gli altri Caravaggio e Klee, Manganelli e Calvino, Francis Bacon, Füssli e Cézanne.

2. La nostra esperienza – è la tesi fondamentale del libro – va dai sensi ai sensi, dall’incontro sensibile col mondo, alla trama dei significati ideali di cui rivestiamo il mondo e con cui coloriamo le nostre vite. Dal punto di vista assunto nel libro, non c’è opposizione e separazione tra i cinque canali della percezione e la spinta ideale del pensiero, tra la passività dell’incontro con le cose e le creazioni ideali, bensì un intreccio complesso, che ha il suo perno e il suo punto di articolazione nell’l’immaginazione. Il cardine di quelli che Kant chiamava i due ceppi dell’umano conoscere, sensibilità e intelletto, è quella capacità di dare forma al molteplice percettivo che chiamiamo immaginazione: l’immagine rende possibile il movimento di configurazione e di interpretazione del mondo che sempre facciamo. Ma quale concetto di immagine? L’immagine non come copia, pallida imitazione di un originale, ma come messa in forma che porta a visibilità ciò che non è altrimenti visibile. Due esempi, uno di Wittgenstein e uno di Merleau-Ponty, possono chiarire questo tema. Wittgenstein scrive nelle Ricerche filosofiche: “Osservo un volto, e improvvisamente noto la sua somiglianza con un altro. Vedo che non è cambiato; e tuttavia lo vedo in modo diverso. Chiamo quest’esperienza ‘il notare un aspetto [Aspekt]’”. Vuole dire Wittgenstein: vedendo il volto come un altro, vedendolo in rapporto ad un altro, ne noto l’aspetto, ne noto la forma caratteristica, lo comprendo, perché lo vedo attraverso un’immagine che me ne fa riconoscere i tratti peculiari. A sua volta Merleau-Ponty, ne L’occhio e lo spirito, ci fa notare come i pittori ci offrano delle immagini a partire da cui ricominciamo a guardare il mondo in modo diverso. C’è un momento in cui si sono cominciate a guardare le donne attraverso Matisse: “E le donne di Matisse (ricordiamoci i sarcasmi dei suoi contemporanei) non erano immediatamente donne, lo sono divenute”. Dapprima non capisco i quadri di Matisse, poi a poco a poco guardare le sue donne mi insegna a vedere le donne come le ha immaginate il pittore, a vederne un significato in più. Le immagini sono ciò che rende possibile un incontro significante col mondo.

3. Nel libro coesistono l’epistemologia, cioè lo studio del funzionamento dei concetti, e l’estetica, intesa sia come studio delle facoltà sensibili, sia come filosofia delle arti; coesistono la filosofia e l’analisi di produzioni letterarie e pittoriche. Coesistono perché è fondamentale che le discipline siano un po’ strabiche, guardino a lato, accanto a sé, per affinare i propri concetti e i propri modi di procedere. Un esempio preso dalla storia delle scienze. Il filosofo della scienza N. R. Hanson, in Modelli della scoperta scientifica, ricostruisce la scoperta di Keplero dell’orbita ellittica di Marte come risultato del saper guardare a lato di Keplero, del suo saper far interagire discipline con linguaggi diversi. Dapprima Keplero rimane legato all’idea metafisica che i corpi celesti debbano muoversi secondo orbite circolari perfette, e vede dunque l’orbita secondo il modello aristotelico delle orbite circolari. Ma poiché le distanze di Marte calcolate a partire dall'ipotesi dell’orbita circolare sono in contraddizione con le osservazioni di Tycho Brahe, Keplero comincia a dubitare del cerchio, e sostituisce in primo luogo al cerchio una figura ovale con un solo fuoco. Egli passa dunque all’ipotesi fisica dell’orbita oviforme. Ma per poterlo trattare matematicamente, deve considerare l’ovoide come un’approssimazione a un’entità matematica semplice, ricorrendo alla figura dell’ellisse. E’ dunque l'ipotesi matematica della curva ellittica (il modello matematico) che permette infine a Keplero di vedere fisicamente l’orbita come un’approssimazione a un’ellisse perfetta, con il sole in un fuoco. L’immaginazione scientifica che ha consentito a Keplero il trasporto di un modello matematico rivoluziona l’astronomia. L’immaginazione scientifica, la capacità di prendere modelli e concetti da altre scienze, ha molto in comune con la capacità creativa con cui un poeta, con un semplice accostamento di parole ci fa vedere cose inaspettate nel mondo – come il verso di Paul Celan, Nero latte dell’alba, che richiamando il fondo di acidità del latte ci fa capire l’angoscia che si cela nel risveglio. Un compito fondamentale della filosofia è appunto aiutare a vedere affinità e differenze tra ambiti di significati, per evitare di pensare che ci siano spiegazioni essenziali del mondo.

domenica 26 ottobre 2008

La cultura nasce dal sesso


"Come sostenne Claude Lévi-Strauss, l'incontro dei sessi è il terreno su cui natura e cultura vennero a contatto per la prima volta; allo stesso modo, esso è il punto di partenza, l'origine di ogni forma di cultura. Il sesso fu il primo ingrediente della costituzione naturale dell'homo sapiens su cui furono scolpite distinzioni artificiali, convenzionali, arbitrarie - prodotti di base di ogni cultura (e, soprattutto, il primo atto di cultura, la proibizione dell'incesto: la divisione delle femmine in categorie idonee e no alla coabitazione sessuale).E' facile rilevare come questo ruolo del sesso non sia accidentale. Delle tante pulsioni, inclinazioni e propensioni "naturali" degli esseri umani, il desiderio sessuale era e resta il più ovviamente, palesemente, incontestabilmente sociale. Esso si protende verso un altro essere umano; esige la presenza di un altro essere umano e si sforza di riforgiare tale presenza in un'unione. Anela l'aggregazione; rende ogni essere umano, per quanto completo e per altri aspetti autosufficiente, incompiuto e monco - a meno che non sia unito a un altro essere umano.Dall'incontro dei sessi è nata la cultura. In quell'incontro, la cultura praticò per la prima volta la sua arte creativa della differenziazione. Da allora, l'intima cooperazione tra cultura e natura in tutto quanto attiene la sfera sessuale non si è mai interrotta, e tanto meno conclusa. L'ars erotica, quella creazione eminentemente culturale, avrebbe guidato a partire da quel momento l'impulso sessuale verso la propria realizzazione nell'aggregazione umana." - Zygmunt Bauman

l'estetica è l'assoluto della bellezza


L'estetica è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale e artistico, ovvero del giudizio di gusto.
Il filosofo tedesco Alexander Gottlieb Baumgarten scrisse Aesthetica in latino nel 1750, ma il termine era stato coniato nel 1735 nella sua tesi di laurea intitolata "Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia". La parola aesthetica ha origine dalla parola greca αἴσθησις che significa sensazione e dalla parola αἰσθάνομαι che significa percezione mediata dal senso. Originariamente l'estetica infatti non è una parte a sé stante della filosofia, ma semplicemente l'aspetto della conoscenza che riguarda l'uso dei sensi.
Immanuel Kant tratta dell' "estetica trascendentale" nella Critica della ragion pura come teoria della conoscenza, basata sulle funzioni trascendentali. Riprende il termine estetica nella Critica del giudizio (Kritik der Urteilskraft) nel 1790, dove a proposito del "giudizio estetico" espone la sua teoria sul bello soggettivo e su quello naturale (oggettivo) che si esprime nel sentimento del sublime.